• venerdì 19 Aprile 2024 16:40

Fondi alla cultura ai soliti noti

Teatro Argentina

 

Spettacoli prossimi allo zero ma contributi a prezzo pieno. E senza nemmeno presentare i rendiconti. Il che vuol dire che lo Stato i fondi li eroga alla cieca. E non è detto che questi soldi finiscano nelle tasche di attori, registi, danzatori, circensi, musicisti. Ma di sicuro finiscono nei bilanci, spesso disastrati, di società e associazioni che accedono al Fondo unico per lo Spettacolo.

Limitandosi solo alle associazioni, fondazioni, enti vari più note di Roma e che ricevono contributi superiori ai 100mila euro annui, si contano quelli per i concerti: 245mila euro all’Associazione giovanile musicale, 619mila all’Accademia Filarmonica romana, 109mila all’Associazione Europa Musica, i 442mila all’Istituzione Universitaria Concerti. Ci sono i 109mila al Festival di Pasqua, i 530mila euro al Balletto di Roma e i 334mila euro erogati annualmente al Comitato nazionale italiano di musica per il ricambio generazionale. Nel campo teatrale si registrano l’Accademia Nazionale di Arte Drammatica “Silvio D’Amico” che riceve fra produzioni e tournée quasi 1 milione di euro; il milione e 157mila alla Fondazione Romaeuropa Arte; il milione e 800mila all’Associazione Teatro di Roma; i 636mila al Teatro Eliseo. Poi svariate società di produzioni teatrali a partire dal Sistina, il Quirino, il Teatro Olimpico, le Officine Culturali sono una decina a ricevere annualmente sostanziosi contributi. Questi sono solo alcuni dei nomi, romani, di un elenco sterminato di un centinaio di pagine e che riguarda tutta Italia.

Il sistema escogitato dal Governo per erogare questi finanziamenti era un piano triennale con la presentazione dei rendiconti: insomma, semplificando, per avere questi fondi, dovevi organizzare lo spettacolo e portare le ricevute. Il Piano partiva nel 2018 e finiva nel 2020, il che significa che nel 2021 doveva essere tutto rifatto da capo.

Invece, complice il Covid, arrivano le deroghe che suonano molto come un’eccellente campagna acquisti del consenso per il Ministero delle Attività culturali.

Prima deroga: niente più rendiconti. Con un paio di colpi di mano motivati dall’emergenza Covid, il Ministero ha cancellato l’obbligo dei rendiconti. Per cui, di fatto, questo Fondo unico per lo Spettacolo si trasforma un meraviglioso finanziamento a fondo perduto.

Seconda deroga: i fondi quasi certamente varranno anche per il 2021. Per cui, chi nel 2019 ha avuto, continuerà ad avere anche nel 2021 e nel 2021. Senza dare rendiconti. Che poi questi soldi finiscano nelle mani degli artisti e non solo nei bilanci societari è un discorso a parte.

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