Da scatoletta di tonno a pregiato caviale: cambia velocemente il panorama del rapporto fra i 5Stelle e il “potere della casta” con le sue prebende e benefici.
Se prima sono stati i vitalizi, cavallo di battaglia dei grillini e ora cavallo da traino per molti di loron – come Il Tempo ha raccontato pochi giorni fa – ora i pentastellati incappano anche nelle spese rendicontate, e bocciate dalla Corte dei Conti (qui il testo integrale della delibera della Corte dei Conti), per il funzionamento del Gruppo in Consiglio regionale del Lazio.
Il costo generale del Gruppo, stando alle carte della magistratura contabile, è stato per il 2019 di poco meno di mezzo milione di euro a fronte di entrate per circa un milione. Ma, leggendo le carte che quei pignoli dei giudici hanno redatto, saltano fuori consulenze ingiustificate e considerate irregolari e, soprattutto, acquisti decisamente bizzarri per un Gruppo politico.
Ad esempio, i 5Stelle hanno presentato un rimborso per l’acquisto di una interfaccia “iRig” per chitarra o basso elettrici, 35 euro. Ovviamente, la Corte dei Conti ha prima chiesto lumi: cosa fanno alla Pisana? Compongono colonne sonore per quegli spettacolari video di propaganda che ogni tanto circolano sulla rete?
E, poi, ancora: coi soldi degli italiani, i grillini hanno comprato un’asta per fare i selfie. Anche qui, per carità, spesa quasi ridicola, 19 euro e 99 centesimi. Poi, 27 euro e 98 centesimi per comprare un set di pile Duracell. Centodiciotto euro e spicci per un microfono per computer. Ben 106 euro per una prolunga con avvolgicavo. Tutti ordini fatti su Amazon.
I magistrati chiedono chiarimenti: vogliono le pezze d’appoggio che dimostrino come tutte queste spese siano utili “a provare la stretta inerenza di tali spese con i fini isti-tuzionali del Gruppo”.
E le risposte non sembrano aver soddisfatto appieno la Corte di Conti che scrive che le giustificazioni prodotte dal Gruppo 5Stelle appaiono “eccessivamente generiche” ma che le spese che “attengono a beni di più intuitivo utilizzo per il personale di un “ufficio di comunicazione” di un Gruppo consiliare (cavi, prolunghe, ecc.)” possono essere ritenute sufficienti. Non lo sono invece né l’interfaccia per la chitarra elettrica né l’asta per i selfie.
E non lo è un contratto da oltre 3mila e 300 euro più oneri che il Gruppo ha cercato di spacciare per una consulenza. I grillini hanno cercato di allegare un paio di pezze d’appoggio che i giudici contabili hanno respinto: “il contratto – scrivono i giudici – prevede l’attività di “consulente per lavori della commissione speciale piani di zona”. Ma l’attività di consulenza si estrinseca, tipicamente, con la redazione di pareri e, per questa ragione, viene affidata a esperti della materia, quale peraltro non risulta essere la collaboratrice in questione. Il riscontro fornito dal Gruppo in sede di regolarizzazione dimostra che nessuna attività di consulenza è stata in realtà svolta o, comunque, provata”.
Insomma, quasi tre mila euro spesi irregolarmente dai pentastellati e sanzionati dai magistrati.