• giovedì 25 Aprile 2024 21:50

 

Continua la lunga querelle fra il Consorzio Metro C – le aziende private che stanno costruendo la terza linea della metropolitana romana – e il Campidoglio. In mezzo, c’è, come sempre, Roma Metropolitane e il caos nel qual l’ha gettata il quinquennio grillino in Comune.
La lettera (qui il testo completo) è partita ieri, diretta a Roma Metropolitane, al Comune, al Ministero delle Infrastrutture e alla Regione Lazio.
Di qui a breve, Metro C non disporrà più di alcuna risorsa economica che le consenta il regolare prosieguo dei lavori con conseguente inevitabile blocco di tutte le attività in corso presso i cantieri della Linea C”: ovvero, mancano i soldi delle sentenze di condanna di Roma Metropolitane. Questo è il succo della missiva.
Il riferimento è alla delibera votata dal Consiglio comunale il 29 dicembre scorso (qui la delibera), in zona Cesarini, come debito fuori bilancio necessario per salvare Roma Metropolitane. Il debito in questione – poco più di 17 milioni – risale al Lodo del 2012 che aveva obbligato Roma Metropolitane a pagare quasi 15 milioni e mezzo più Iva, interessi e rivalutazione. Era addirittura arrivata una sentenza della Corte d’Appello a confermare la validità del Lodo.
A settembre 2020 il Comune aveva varato uno stanziamento di quasi 21milioni e mezzo, quindi comprensivo di tutte le spese accessorie.
Se non che, alla fine, a dicembre 2020, il riconoscimento finale stabilito dal Consiglio comunale è solo di 17 milioni: interessi e rivalutazione vengono stralciate.
Passano alcune settimane e Metro C presenta a inizio febbraio ricorso al Tar (qui il testo del ricorso). E chiede l’attivazione della designazione di un Collegio Tecnico che assista le parti in questa controversia che vale oltre 4 milioni di euro.
A sostegno della decisione del Comune c’è un parere emesso dalla Corte dei Conti (qui il testo del parere della Corte dei Conti), a fine febbraio, con il quale si specifica che il “debito accessorio per interessi e rivalutazione monetaria” deriva “da un provvedimento giudiziario riguardante due parti” rispetto alle quali il Comune è “diverso e autonomo soggetto”.
Tuttavia, argomentano ancora i magistrati contabili, il Comune potrebbe pagare purché giustifichi “la sussistenza di un’utilità che possa ascriversi ad un interesse pubblico specifico e concreto” che non sia la “sola tutela dei creditori”.

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