Il bilancio di previsione, l’ultimo dell’era Raggi, è bloccato. Ci sono da votare 980 ordini del giorno e oltre 1200 emendamenti. La maggioranza va sotto in Aula per quattro volte, ma almeno c’è la consolazione del via libera, arrivato ieri, della Giunta Raggi allo “studio di fattibilità” per la funivia Casalotti-Battistini.
È un primo, piccolissimo passo verso la realizzazione, in un lontano futuro, di un’opera tutt’altro che attesa dai cittadini che chiedono metropolitane non funivie. Tram e bus funzionanti, non funivie. Strade senza buche e crateri, non funivie.
Doveroso riportare comunque la notizia, almeno per ricordare che la Raggi parlava di realizzare questa funivia fin dal 2016, quando si candidò alla guida del Campidoglio. Ora che sono passati quasi cinque anni e torna a candidarsi, ecco che rispunta pure l’opera. Allora delle due l’una. O considera la funivia un fondamentale cavallo di battaglia dedicato alle elezioni, oppure è solo un puntiglio, un suo sogno che solo ora, a fine mandato, sta tentando di realizzare.
Ma che, attenzione, è un’opera così seria che “se non serve si può pure smontare e rimontare da un’altra parte”. Tipo come avviene nei videogiochi. Lo ha scritto la stessa Raggi, in un post – cancellato dopo l’esplosione di polemiche roventi – su facebook in risposta a un’utente che sottolineava come fosse necessario prolungare la linea A della metro.
E la Raggi scrisse: “Qualora la funivia non dovesse più servire si smonta e si può rimontare da un’altra parte”.
Per inciso: dopo cinque anni dall’annuncio, siamo ancora allo studio di fattibilità. Se mai il prossimo sindaco proseguisse su questa falsariga, ci vorrà almeno un altro anno e mezzo prima di vedere i cantieri.
Nel frattempo, però, in Consiglio dove si discute il bilancio, la sempre più frantumata maggioranza grillina non riesce a garantire il numero legale per la validità della seduta per ben quattro volte.
E in capigruppo, manca l’accordo per cui rimangono da votare oltre 2100 fra ordini del giorno ed emendamenti con il presidente dell’Aula, Marcello De Vito, che ieri ha comunicato ai consiglieri che si torna a discutere in presenza nell’Aula Giulio Cesare. Basta con le sedute in streaming. Gli avanziamo un suggerimento: potrebbe fare come negli antichi conclavi, quando non si trovava l’accordo sul Papa da eleggere e progressivamente venivano ridotti i pasti ai cardinali recalcitranti.